"In tre anni di Tour del Mulino in giro per l’Italia di famiglie ne abbiamo incontrate tante. Ognuna di loro ci ha lasciato qualcosa, perché la storia di ognuno è unica e irripetibile. Ma la famiglia che abbiamo incontrato a Catania ci è rimasta nel cuore più di tutte, e dopo che l’avrete conosciuta sono sicura che rimarrà nel cuore anche a voi.
Ho detto Catania, ma in realtà loro abitano a Mascalucia, un paesino appena più a nord, alle pendici dell’Etna, in un paesaggio di terra scura tra “la montagna” e il mare.
La loro è una casa come tante altre, nel paese. Un nucleo centrale con un po’ di terra intorno (l’agricoltura qui è ancora importante ) che nel tempo si è andato allargando insieme alla famiglia. Solo che qui il concetto di famiglia è molto più esteso rispetto all’accezione comune. Ci sono i due nonni, Loredana ed Aldo, le figlie Giada e Viviana con i mariti, e quattro nipoti: Marco, Michele, Martina e Matteo. Tutti insieme sarebbero già un numero consistente, ma la loro casa si è allargata ancora di più per accogliere bambini in difficoltà.
Un pezzo alla volta mi aiutano a ricostruire la loro storia, che è una storia lunga, che risale a quasi trenta anni fa, e dove le donne fanno la parte del leone.
Tutto parte da Loredana, la mamma, che è infermiera e che dedica parte del suo tempo a fare volontariato negli orfanotrofi, portandosi dietro le figlie (e questo già la dice lunga sull’energia di questa donna).
Quando Giada ha 18 anni, la famiglia si riunisce e decidono insieme di provare la strada dell’affido durante le vacanze di Natale. Terminata l’esperienza, si rendono conto che limitare una cosa così importante ad un periodo tanto breve non ha senso per loro, e si rendono disponibili come famiglia affidataria per altri bambini. Arrivano due bimbe, sorelle, alle quali si affezionano così tanto che quando il tribunale le dà in adozione il dolore del distacco è troppo forte. La famiglia si divide. Chi parte, chi si trasferisce per un po’. Poi è Loredana a trovare un senso a questa separazione forzata. Hanno dovuto lasciare andare le due bambine, ma loro sono ancora lì e possono accoglierne ancora tanti altri di bambini, tutti quelli che hanno bisogno di trovare un posto sicuro dove crescere protetti. Nasce così l’idea di diventare una casa famiglia, e nel vero senso della parola! Perché ci sono tre nuclei familiari che vivono insieme dedicandosi a questa attività.
Non è stato tutto semplice, però. Le cose si sono fatte lentamente ed una alla volta. Ci sono voluti 20 anni ad avere una struttura bella e funzionale come questa, che ospita 12 bambini con età che vanno dai pochi mesi ai 10 anni.
Tutto qui dentro è a loro misura, dagli spazi esterni alle camere da letto, alla cucina dove si mangia tutti insieme, fino ai bagni ad altezza piccoli.
La loro associazione si chiama ASMID, ovvero Accoglienza Serena Minori in Difficoltà, e di serenità questi bambini ne hanno davvero bisogno.
Cristina, Marcolino, Hakim, Nicoletta, Angelo, Davide, Matteo, Tiziano, Micky, Federico, Jessica, Andrea: questi sono i loro nomi. Ognuno di loro arriva all’Asmid con una storia diversa, che non è mai facile. Nel loro breve passato ci sono già troppe sofferenze, rifiuti, disordini e spesso anche abusi e violenze. Nella casa famiglia hanno la possibilità di trovare un luogo di affetti dove essere accolti ed amati per quello che sono, e farsi un bagaglio di cose belle prima di affrontare l’adolescenza e la maturità. Per tutti loro l’augurio più grande è di trovare una famiglia definitiva. In qualche caso (raro, purtroppo) quella d’origine, che magari è riuscita a risolvere i propri problemi, altrimenti una adottiva. Ma non è facile. “Vogliono tutti figli belli, perfetti e neonati” mi dice Loredana scuotendo la testa. E per questo man mano che si cresce è sempre più difficile trovare una famiglia disposta ad accogliere bambini che hanno già una loro personalità, una loro memoria. Così come è difficile dare in adozione fratelli o sorelle. “Anche se è una cosa importante” mi dice Giada “perché è il solo pezzo di famiglia, di identità che rimane loro” . E la situazione è ancora più grave per i bambini con disabilità, anche lievi.
Essere genitori però è un’altra cosa. E’ dimenticare la gratificazione personale, l’identificazione, ed aprirsi accettazione profonda di un individuo nuovo, altro da sé.
Loredana l’ha scoperto sulla propria pelle 13 anni fa, quando in ospedale ha visto per la prima volta Chicco, un bambino microcefalo che la mamma non ha voluto riconoscere. Per lei è stato amore a prima vista e ha deciso di adottarlo.
Nella casa c’è un’intera parete tappezzata di sue foto: le più belle sono di lui nell’acqua, l’elemento in cui può sentirsi finalmente libero di muoversi a suo piacimento.
A turno mi raccontano la sua storia, le sue conquiste, sfidandosi in una gara scherzosa (ma anche agguerrita!) su chi tra loro ha ricevuto più attenzioni. Perché quello che tengono a dirmi è che sono stati loro i privilegiati ad avere Chicco, e non il contrario. La sua presenza ha costretto tutti ad andare contro qualsiasi idea prestabilita. Nessuno in ospedale avrebbe scommesso su quel neonato, ma loro hanno insistito nel volere alimentarlo normalmente, nel fargli fare terapie riabilitative e nel trovare strutture mediche in grado di supportarli. Lui nel frattempo ha partecipato alla lunga serie di emozioni della famiglia, dai matrimoni alle nascite, creando un livello di comunicazione diverso da tutti gli altri, che va dritto al cuore."
Così scrive Anna Lo Piano, scrittrice del Tour del Mulino Bianco.
Le società Giavì Pedara e Clan dei Ragazzi avranno l'immenso onore di ospitare queste splendide persone durante la festa di Natale del 22 Dicembre. Vi aspettiamo! |